Il corriere: sulla strada di Clint, l’uomo che sfidò il tempo
C'è un senso profondo, qualcosa di epico, come un passo di addio, l'etica di chi accetta il suo destino a costo di dichiararsi colpevole (sì, di tutto) quando sa di esserlo, nel cinema fondo e crepuscolare di Clint Eastwood, 88 anni che grondano leggenda in un'America dilaniata da una crisi che costringe anche la terza età a fare il lavoro sporco: autore senza filtri (<mai pensato di averne uno>), arrivato a un punto (per coraggio e anagrafe) da potere dire ciò che vuole (magari anche a due afroamericani che <no, non siamo tutti uguali>), politicamente (e pesantemente) scorretto eppure felicemente inattuale, lui, reduce di mille battaglie, che si porta dietro la saggezza di una vita vissuta. Uno che si incazza se lo scambiano per James Stewart - l'eroe positivo dei film di Frank Capra -, e si scaglia contro una modernità che ha perso il <fare> (<è il problema della vostra generazione: guardate Internet anche per aprire una scatoletta>) oltre che il <sapere>, schiava del cellulare (<non ce l'avete una vita al di là di quel telefonino?>) e di un Web <che rovina tutto>. Ci fa la morale Clint e mica gli puoi dare torto: macina chilometri sulle strade assolate della colpa e dell'espiazione, giganteggiando in un altro film-testamento in cui racconta di traffici turpi con una gentilezza fuori moda, fuori tempo, con la stessa delicatezza di una rosa che sfiorisce senza fretta. Per modellare, complice un'incredibile storia vera, l'ennesimo personaggio indimenticabile della sua galleria senza tempo, <eroe> senza ambiguità di un'epoca ambigua: Earl Stone, veterano della guerra di Corea, galante coltivatore di fiori, padre (la figlia, non a caso interpretata dalla primogentita di Eastwood, Alison, non gli parla da anni) e marito assente. Uno <sbocciato tardi>, per così dire: mai una multa in tutta la sua vita e pochissima dimistichezza con gli smartphone. Rimasto al verde, con l'ex moglie che non lo vuole nemmeno vedere all'uscio, decide allora di intraprendere una nuova <carriera>: il corriere della droga per i cartelli messicani... La prima volta è per dare una mano alla nipote che si deve sposare, un'altra per mettere a posto la sede dei reduci: insospettabile e imprevedibile, svia la polizia e arriva sempre a destinazione. Ma un giorno il gioco si fa duro.
In qualche modo autobiografico, umanista, pervaso del buon senso di chi fa la cosa sbagliata per farne – finalmente – una giusta, l'ultimo film di Eastwood mette al primo posto la famiglia, i suoi valori, e quelli di un cinema antico, schietto e onesto; a qualcuno non piacerà il sentimentalismo finale, la consumata lentezza di un viaggio verso la redenzione, ma Clint, mai come questa volta, è il padre di tutti i nostri successi e di tutti i nostri sbagli. L'ultimo pistolero che ha perso il duello con il tempo (come i suoi emerocallidi, i fiori che durano un solo giorno) e affronta disarmato tutti i suoi rimpianti: la vita che resta è un fiore reciso, ma nessuno gli potrà mai impedire di sorridere a un'altra giornata di sole.