Happy end, il funerale laico della borghesia
E' privo di speranza, disturbante e forse <non ha più bisogno dei nostri sguardi> il cinema di Michael Haneke: ma a noi, sia chiaro, sta bene così. Perché in quell'assenza quasi paradigmatica di illusione, in quella calcolata freddezza, in quel celeste distacco verso un genere umano con non merita alcuna empatia, non si può non riconoscere la scomoda e diabolica saggezza (lampante anche quando non arriva, come in questo caso, alle vette più alte della sua riflessione) di un venerabile del grande schermo a cui essere grati per la capacità di sapere leggere il presente e l'universale senza bisogno di sottotitoli o didascalie.
Tentati suicidi, segreti inconfessabili, tradimenti via chat: dissezionatore di sentimenti, entomologo di un cinema di chirurgica precisione, il regista 75enne – nell'osservare le vicende e l'inesorabile sfacelo di una ricca e disfunzionale famiglia francese - coglie la spinta autodistruttiva di una società (e di una vecchia, esausta, Europa) falsa, ipocrita e inaffettiva. Celebrando con il glaciale e rigoroso <Happy end> (che all'ultimo Festival di Cannes spaccò in due la platea, ma che ora l'Austria spera di fare arrivare agli Oscar) il funerale laico di una borghesia in decomposizione, isolata e indifferente a tutto, incapace di amare l'altro e talvolta anche se stessa.
La partenza è geniale (la sequenza dei titoli di testa filmata col cellulare con tanto di commenti testuali segna la differenza tra chi ha una visione e chi no...), il resto non sempre al livello dei suoi capolavori: ma nel suo ritratto di un gruppo di famiglia in un interno (che più che a Bunuel fa pensare al primo Bellocchio), Haneke svela, con ghigno feroce, la stanchezza e la dissoluzione del potere. Una caduta degli dei in cui l'autore comprende molte delle sue ossessioni: dall'uso/abuso dei nuovi, apatici, mezzi tecnologici alla violenza endemica, dall'eutanasia al razzismo, dalla sconfitta dell'istituzione familiare alla sociopatia di un'umanità egoista (non è un caso che il film sia ambientato a Calais, dove arrivano, inseguendo un miraggio di salvezza e di benessere, migliaia di profughi) e sopraffatta. Che forse desidera solo di essere lasciata morire: senza che qualcuno, intanto, la filmi con lo smartphone.