La verità negata: se la Storia finisce alla sbarra
E' il genocidio simbolo della Storia, la vergogna assoluta, l'orrore che ha dato nome e volto al Male: eppure a qualcuno fa comodo pensare che sia solo una grande bugia. In un presente dove, lo sappiamo bene, anche la verità più assodata e radicata, viene sempre messa - con spregio calcolato dell'oggettività -, in discussione, un film che porta in tribunale addirittura l'Olocausto: ripercorrendo il clamoroso processo in cui lo spregevole negazionista David Irving, che sosteneva che la Shoah fosse solo una menzogna inventata dagli ebrei, citò in giudizio per diffamazione la storica Deborah Lipstadt, che ne aveva ferocemente criticato le tesi. In gioco, però, c'è molto più che la lite tra due studiosi: anche perché dimostrare in un'aula che una delle più grandi tragedie del XX secolo non è affatto un'invenzione si rivelerà più difficile del previsto...
Diretto dal veterano (ormai attivo soprattutto in tv) Mick Jackson, <La verità negata> è courtroom movie corretto e stilisticamente lineare, e non privo di spessore, che si avventura in un terreno minato prendendosi però meno rischi possibili, aderendo a un cinema classico e sin troppo controllato.
Film d'attori (meglio Timothy Spall e Tom Wilkinson però della protagonista Rachel Weisz), puntuale nel ribadire la necessità (non solo morale) di non dimenticare, così come nell'abbracciare il rifiuto categorico della deriva di una mistificazione comoda e inaccettabile che vuole cambiare i connotati a fatti e realtà, <La verità negata> non sfrutta con la dovuta ispirazione le potenzialità di una storia emblematica, accontentandosi di disseminare di trappole uno scontro scontato solo in apparenza, restando alla fine imbrigliato in uno sguardo un po' anonimo.