D’Azeglio, l’arena accende le luci
Arriva a passo di danza, ballando sulle punte come Nureyev e se ne va scatenandosi al ritmo delle canzoni più belle di Elton John. E' un programma davvero molto interessante - il più variegato e stimolante da molte stagioni - quello che propone l'arena estiva del D'Azeglio.
Il cinema dell'Oltretorrente si prepara a un luglio sotto le stelle ricco di proposte di segno anche molto differente: non più l'abituale ripasso del cinema che è stato, ma un cartellone pieno di suggestioni d'autore - tra prime visioni e grandi classici - per tutti i palati. Un progetto preparato con attenzione, equilibrato e cadenzato, accuratamente pensato per chi resta in città e non vuole rinunciare alla magia del grande schermo. «Quest'anno - conferma l'assessore alla Cultura Michele Guerra - la rassegna estiva del D'Azeglio ha una qualità importante: all'altezza del riconoscimento nazionale che la sala ha recentemente avuto per l'impegno nelle ormai classiche rassegne di storia del cinema».
Quattro, fondamentalmente, i filoni: le novità assolute, le prime visioni che rendono la proposta più appetibile; la rassegna «Accadde domani», con cinque interessanti film italiani (due dei quali inediti); i film in lingua originale - tradizione di grande successo del D'Azeglio - che da quest'anno trova felice sbocco anche in estate; «La terra dentro», con una selezione di alcuni mitici film dei maestri del cinema dell'Emilia Romagna.
Il via stasera con «Nureyev», biopic sul leggendario ballerino, poi, tutti i sabato e domenica, spazio alle prime visioni: a luglio particolarmente interessante quella di fine mese (il 27 e 28), «Quel giorno d'estate», storia di un uomo che, dopo la morte improvvisa della sorella rimasta uccisa negli attentati in Francia dell'Isis, deve occuparsi della nipote di 7 anni. Curioso però anche «American animals» (13 e 14) che racconta l'incredibile storia vera di un gruppo di annoiati studenti-rapinatori che ruba preziosi testi in una biblioteca. Un mix di documentario e finzione che si annuncia intrigante.
Per «Accadde domani» vanno marcati soprattutto i film inediti: «Bulli e pupe» (l'8) e «Tutto liscio» (il 22): quest'ultimo, è una commedia ambientata nel mondo delle balere.
Di veri capolavori del cinema italiano si parla avvicinandosi alla rassegna dedicata ai maestri del cinema emiliano-romagnoli: Antonioni e «L'avventura» (il 4), «L'assedio» (l'11), uno dei film meno riproposti (e per questo quindi prezioso) di Bernardo Bertolucci, «La casa delle finestre che ridono» (il 18), capolavoro di un giovane Avati, «Un'estate violenta» (il 25), un grande film di Valerio Zurlini.
Infine gli «original ones» con sottotitoli in italiano, proposti il martedì e il venerdì: da non perdere venerdì 19 «La favorita», uno dei film più belli della stagione. E poi, a chiudere il mese «Rocketman»: dopo la vita immagini di Nureyev, quella, coloratissima, di sir Elton John.
Il rigore dello sguardo: la rivoluzione (non) russa
C'è la battaglia sul ghiaccio sulle note di Prokofiev, ricordi immortali con cui confrontarsi in un pianeta ostile, una ragazza che aspetta invano l'amato, altre che, invecchiate, fanno, senza censure, il bilancio della loro vita: ci sono uomini, donne, orfani in prima linea, pittori di icone. E sequenze di arte pura studiate ancora in tutto il mondo. Perché il cinema russo è così: uno scrigno che contiene un tesoro, parole e immagini che hanno arricchito tutti. Da preservare, da salvare, dall'oblio. Che poi è la missione, il grande progetto, che il cinema D'Azeglio porta avanti con «Per una storia del cinema» ormai giunto al 14° anno. Che vivrà una nuova grande avventura con i capolavori (dodici in tutto) del cinema russo proposti nella rassegna (che terminerà il 30 maggio) «Il rigore dello sguardo».
L'obiettivo è quello di riproporre su grande schermo opere fondamentali spesso mai viste dalle nuove generazioni. Organizzata dalla Cooperativa Cinema D'Azeglio, con l’assessorato alla Cultura del Comune di Parma, il patrocinio di Europa Cinemas e di Acec Emilia Romagna e grazie al sostegno dell'assessorato alla Cultura della Regione Emilia Romagna, «Il rigore dello sguardo», rassegna a ingresso gratuito, ha appena alzato il sipario con due classici assoluti del cinema russo: «Ottobre» e «Alexander Nevsky» capolavori di Ejzenštejn. Tra i i titoli imperdibili in cartellone (l’appuntamento è al giovedì) quelli di Tarkovskij (da «L'infanzia di Ivan» a «Solaris», ma anche gioielli meno noti come «Quando volano le cicogne» e «Mosca non crede alle lacrime».
Alessandro e gli altri: la meglio gioventù del cinema italiano
Alessandro e i suoi fratelli: dietro a Borghi, che bacia il David a dedica il premio come migliore attore italiano a Cucchi (e agli esseri umani), si muove e scalpita la meglio gioventù.
In un momento critico per le sale (- 4,98% nel 2018) - vittime di una crisi che coinvolge tutta l'Europa (Gran Bretagna esclusa) - il cinema italiano guadagna consensi (incluse le co-produzioni gli incassi l'anno passato sono saliti del 23,8%) e, soprattutto, cambia pelle: moltissimi infatti gli attori e le attrici sotto i 35 anni che stanno prepotentemente prendendo la scena, imponendosi, spesso e volentieri, in prodotti di qualità. L'indiscusso numero uno di questa nuova ondata che ridisegna i connotati del nostro cinema (e non solo) è sicuramente Alessandro Borghi che, dopo tanta gavetta televisiva, lanciato da «Non essere cattivo», ha dimostrato un'incredibile versatilità, misurandosi con ruoli (e sfumature) molto differenti tra loro (dal disagio periferico del Chicano di «Fortunata» al martirio di Stefano Cucchi, fino al fango di un film-scommessa come «Il primo re»), portando, inoltre, avanti una carriera parallela (e densa di soddisfazioni) nelle serie, mostrando non solo il muso duro della Roma di «Suburra», ma cullando il sogno di una notorietà internazionale grazie a «Devils», girato in inglese.
MARINELLI E COMPAGNIA
A giocarsela con Borghi, a quel livello lì, è per ora solo Luca Marinelli, che con Alessandro è amico e condivide uno dei titoli migliori della carriera di entrambi, «Non essere cattivo», film testamento di Claudio Caligari. Dopo essersi fatto notare con «La solitudine dei numeri primi», Marinelli - premio Schiaretti qualche giorno fa qui a Parma - ha firmato una lunga serie di interpretazioni frastagliate e mai banali, da «Tutti i santi i giorni» a «La grande bellezza», fino al De Andrè televisivo: ma l'abbraccio del grande pubblico arriva con il cattivo de «Lo chiamavano Jeeg Robot».
Dietro, crescono in tanti: penso al Simone Liberati di «Cuori puri» (e de «La profezia dell'armadillo», dove ha rivelato una tenera vena comica) e ai due ragazzi de «La terra dell'abbastanza», Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano: lanciatissimo specie quest'ultimo che, appena 24enne, dopo «Tutto quello che vuoi» (dove scopriva la poesia grazie a Montaldo) si prepara a diventare un calciatore ne «Il campione» in cui terrà testa a Stefano Accorsi.
Ma sono molti i nomi da tenere d'occhio: Andrea Lattanzi di «Manuel», film piccolo ma molto apprezzato, al figlio di Castellitto (e della Mazzantini), Pietro, Alessio Lapice (con Borghi ne «Il primo re»). E altri due che fanno (molto) sul serial: Salvatore Esposito, il Genny Savastano di «Gomorra» e Giacomo Ferrara, lo «Spadino» di «Suburra».
RAGAZZE VINCENTI
Attori sì, ma anche (soprattutto?) attrici: il ricambio generazionale del nostro cinema passa anche attraverso a una serie di interpreti agguerritissime che non si fanno mettere i piedi in testa dai colleghi uomini. E restano bene aggrappate al centro dell'inquadratura. A correre verso il successo «Veloce come il vento» è la 23enne Matilda De Angelis che, lanciata da Matteo Rovere, ora si appresta a interpretare la fata Turchina per il «Pinocchio» di Garrone e a girare una mini serie negli States. Chi lavora senza pausa è Ileana Pastorelli, altra scoperta di «Jeeg» e poi molto vista accanto a Verdone e ora nel cast delle «Brave ragazze» dirette dalla Andreozzi. Unico rischio per l'ex gieffina? Essere sempre troppo uguale a se stessa. Attivissima anche un'altra over 30, Greta Scarano, gli occhi segnati e una carriera che si divide tra cinema («Suburra» e «Smetto quando voglio) e parecchia tv. Tra le più interessanti c'è anche «La ragazza del mondo» Sara Serraiocco, classe '90, un'altra che - grazie alle serie («Counterpart» in questo caso) - ha caratura internazionale. Viene dal teatro (anche il nostro Due) e dà l'idea di potere arrivare lontano, Matilde Gioli, attivissima, da “Il capitale umano” a “I moschettieri del re” e poi, l'intensa Linda Caridi di «Ricordi?», mentre stanno sgomitando ma meritano la prima fila anche la Daphne Scoccia vista in «Fiore» di Giovannesi, che la scovò in una trattoria dove faceva la cameriera e Selene Caramazza di «Cuori puri». Discorso a parte per Miriam Leone: ex Miss Italia, ha dimostrato a più riprese di non avere sfondato solo perché bellissima. Credibile sia nella commedia che nel dramma, ha dato il suo meglio nel ruolo di Veronica Castello nelle serie dedicate a Tangentopoli, «1992» e «1993» a cui seguirà a breve «1994». Nel gruppo, infine, anche Valentina Bellè, la Fulvia di «Una questione privata» (e Lucrezia de «I Medici») e Tea Falco, scoperta da Bernardo Bertolucci in «Io e te».
L'UNDER 21
C'è una vera e propria nazionale di giovanissimi che si sta facendo largo nel cinema italiano: formidabili ad esempio «L'amica geniale» Gaia Girace e Francesco Di Napoli de «La paranza dei bambini», 15enni cresciuti all'ombra del Vesuvio. Le «Indivisibili» Angela e Marianna Fontana piacciono (specie quest'ultima, vista anche in «Capri-Revolution») moltissimo, mentre il 21enne Adriano Tardiolo deve dimostrare che non è l'attore di un solo («Lazzaro felice») film. Cosa che è già riuscita a fare Blu Yoshimi, dopo «Piuma» ora sugli schermi con «Likemeback», dove c’è anche la bellissima Denise Tantucci, una delle ragazzine dei “Braccialetti rossi”. Crescono, nelle fila dei govanissimi, anche la 17enne parmigiana Noa Zatta e il 2000 Ludovico Girardello, che hanno diviso il set de «Il ragazzo invisibile 1 e 2». Infine, le lolite di «Baby»: Alice Pagani e Benedetta Porcaroli. La serie sulle studentesse prostitute è piaciuta poco: ma soprattutto Alice - voluta da Sorrentino per «Loro» - può trovare il suo paese delle meraviglie.
Oscar mania: ecco chi ne ha vinti di più
Partecipare è bello, ma non è proprio la cosa più importante quando si parla dell’ambitissima statuetta chiamata Oscar. I premi del 2019 sono stati assegnati:. Ma chi sono le attrici, i registi e gli attori che hanno vinto più statuette? Eccoli qui.
4 OSCAR
Katherine Hepburn
Regina delle attrici, ne ha vinti più di ogni altro interprete: nemmeno Meryl Streep (con 9 nomination in più: 21 a 12) è riuscita ancora a raggiungerla. Il primo nel ‘34 - con “La gloria del mattino” -, l’ultimo nell’82 grazie a “Sul lago dorato”: in mezzo 50 anni di leggenda. Un fenomeno difficilmente raggiungibile.
John Ford
”Mi chiamo John Ford e faccio western”. Regista patriarca del cinema classico americano non vince l’Oscar con “Ombre rosse”, il suo film più famoso, che si deve inchinare al leggendario “Via col vento”. Ma tra gli anni ‘30 e gli anni ‘50, trionfa 4 volte, record assoluto per un regista.
Alfonso Cuaròn
Pazzesco: ne vince due come regista (l’ultimo l’altra sera per “Roma”), ma altri due per categorie “tecniche”: il montaggio di “Gravity” e la fotografia di “Roma”. Bisogna contarne 2 (quelli da regista) o 4? Noi optiamo per questa seconda scelta, perché il cinema senza di lui sarebbe più povero.
3 OSCAR
Meryl Streep
La più nominata di sempre: tre Oscar su 21 tentativi, è la prezzemolina della notte delle stelle. Talmente straordinaria che non ci sarebbe da stupirsi se, a breve, riuscisse ad aggiungere una quarta statuetta alla sua già preziosa collezione. Ha ottenuto almeno una nomination in tutti gli ultimi 5 decenni.
Jack Nicholson
Uno dei tre attori ad avere vinto tre Oscar: personalità strabordante quanto almeno il suo impressionante talento, ghigno luciferino, Nicholson, classe ‘37, ha una carriera strepitosa. Ma il primo Oscar non si scorda mai: quello per “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, uno dei film più coraggiosi premiati dall’Academy.
Daniel Day Lewis
Il migliore attore della sua generazione: tre statutette che potrebbero essere anche di più se Daniel non avesse deciso (salvo ripensamenti) di ritirarsi. La prima vittoria è con “Il mio piede sinistro”, l’ultima con “Lincoln”. Ma è la performance crudele de “Il petroliere” quella che resta maggiormente negli occhi e nel cuore.
Walter Brennan
Il più veloce: ma forse anche il più dimenticato. Ne ha vinti tre nel giro di appena di 5 anni, dal ‘37 al ‘41, tutti come attore non protagonista. Nato alla fine dell’800, soldato nella prima guerra mondiale e successivamente coltivatore di ananas, si diede al cinema perché sul lastrico. Ancora oggi è considerato una delle migliori spalle di sempre.
Ingrid Bergman
Trent’anni dal primo al terzo Oscar, 30 anni di carriera straordinaria, di cui molti trascorsi da ostracizzata dall’America e dai suoi Oscar perbenisti che non le perdonarono la relazione con Rossellini. Vince con 3 film che iniziano con la stessa lettera, la A: “Angoscia”, “Anastasia” e “Assassinio sull’Orient express”.
William Wyler
Uno dei grandi registi della Hollywood classica: si specializza inizialmente nei film di guerra, ma rivela poi un largo spettro di sfumature. E’ il regista di “Vacanze romane”, ma gli Oscar arrivano per “La signora Miniver”, “I migliori anni della nostra vita” e “Ben Hur”, che con 11 Oscar (insieme a “Titanic” e “Il signore degli anelli-Il ritorno del re”) è il film più premiato di sempre.
Frank Capra
Uno dei più grandi di tutti i tempi: appassionato ed etico cantore dell’american way of life, vince tre Oscar negli anni ‘30 con “Accadde una notte”, “E’ arrivata la felicità” e “L’eterna illusione”. E manca clamorosamente il quarto con il suo film più famoso, “La vita è meravigliosa”, battuto da Wyler.