Boy erased, la terapia della conversione
E' un film ferito e consapevole, per molti versi anche coraggioso, pure se didascalico, un po' scoperto nella sua costruzione, <Boy erased>, <gemello diverso> - per tema e intreccio - di un altro film (più incisivo) uscito questa stagione, <La diseducazione di Cameron Post>. Anche in questo caso si tratta di un giovanissimo che si scopre gay: il padre, un pastore battista, lo manda allora in un centro di riabilitazione per omosessuali a seguire la <terapia della conversione>...
Diretto dall'attore Joel Edgerton e ispirato all'omonimo libro autobiografico del giornalista Garrard Conley, <Boy erased> va alle radici dell'America bianca, bigotta, arretrata, ipocrita e perbenista dove l'omosessualità è (ancora?) una colpa davanti a Dio e agli uomini. Ed è proprio l'aspetto religioso, il rapporto con il padre predicatore, la fede <tradita>, l'aspetto più interessante di un film che racconta dramma e disagio di un ragazzo che cerca solamente se stesso. Facendo luce su un fenomeno - la famigerata (e ovviamente fallimentare...) <terapia della conversione> ha interessato 700mila minori americani - le cui proporzioni stupiscono. Peccato che una regia convenzionale e un intreccio per lo più schematico facciano da zavorra al film: che può però contare sulle notevoli interpretazioni del lanciatissimo Lucas Hedges (il ragazzino di <Manchester by the sea>) e, in due ruoli d'appoggio molto ben caratterizzati, di Russell Crowe e Nicole Kidman, i genitori del protagonista.